In occasione della Festa della Liberazione e della Festa dei Lavoratori, abbiamo voluto intervistare Guido, il dipendente dalla carriera più versatile e lunga di Vignamaggio.
Guido ha 80 anni e la sua famiglia lavora qui da generazioni. I suoi ricordi non narrano soltanto degli eventi e dei personaggi che hanno popolato Vignamaggio, ma riassumono un secolo di avvenimenti e cambiamenti storici: una chiacchierata con lui si rivela sempre un racconto speciale, fatto di immagini nitide e ricche di dettagli.

«Guido, quando hai cominciato a festeggiare il Primo Maggio?»
Né come mezzadro, né come cameriere ho festeggiato il Primo Maggio. Le cose sono cambiate più tardi. Gli operai hanno cominciato a festeggiare il Primo Maggio dal dopoguerra in poi, nelle città, ma i mezzadri e noi, che servivamo in Villa, lavoravamo tutti i giorni. La Villa in passato, soprattutto durante i finesettimana, ospitava ricevimenti e feste bellissime. Si lavorava a Natale, a Capodanno, sempre. C’era molto sfarzo, le famiglie aristocratiche organizzavano cene e pranzi con decine di invitati. Si serviva tutto con posate e piatti d’argento che dovevo lucidare io! (ride)

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«Raccontaci una giornata di lavoro tipica di tuo padre, che lavorava come mezzadro, o di quando eri adolescente e lo aiutavi dopo la scuola»
Noi ci occupavamo del bestiame, quindi dei buoi e delle mucche da latte. D’estate bisognava alzarsi alle 3 o alle 4 di notte per dar loro da mangiare. Io il mattino andavo a scuola, mentre mio padre e gli altri mezzadri lavoravano fino alle 11. Si ricominciava alle 16 per finire verso le 20. Si cenava alle 21. Chi ci assegnava gli incarichi erano il fattore e il sottofattore, marito della fattoressa. Quest’ultima si occupava del pollaio e della fornace, che produceva pane tutti i giorni.

«Qualche giorno fa c’è stata la festa della Liberazione. Ti va di raccontarci qualcosa che ti fa pensare a questo periodo?»
Ricordo che, durante il fascismo, le donne erano state costrette a fondere tutti i loro gioielli, persino le fedi, per onorare la causa bellica. Anche il cancello di Vignamaggio era stato fuso. Chi si rifiutava veniva denunciato e poi ucciso. Anche mia madre rischiò di essere denunciata dal fattore perché una volta disse “Maledetto il fascio”. Sia lei che mio padre avevano perso due fratelli in guerra. Ricordo che un gruppo di fascisti di Greve voleva prendere Bino, il conte, che non s’iscrisse mai al partito. Si nascondevano nel Pratone, dietro i lecci. Bino e la principessa riuscirono a scappare e si rifugiarono a Uzzano, dal fratello di lei. In seguito ripararono a Firenze, dove rimasero fino alla fine della guerra. In questo periodo i soldati tedeschi occuparono la zona, finché non arrivarono le truppe inglesi e quelle alleate. Dopo qualche tempo tornarono i conti Sanminiatelli.

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«A Vignamaggio hai lavorato come contadino, cameriere, aiuto cuoco, maggiordomo, autista, cantiniere, di nuovo cameriere e ora come giardiniere tuttofare. Parlaci di questi lavori e della mansione che più ti piace.»
Il lavoro che più mi piace è fare il giardiniere. Come contadino ho lavorato fino a 16 anni ed era un lavoro duro. Mentre lavorare come cameriere o maggiordomo significava vivere in Villa, ero sempre a contatto con i proprietari. Se mancava un tegame o i padroni avevano bisogno di qualcosa, noi eravamo qui per loro, abitavamo qui. Nell’orto non c’erano piante o ortaggi, soltanto fiori, dalie, gladioli, rose con le quali si ornavano le stanze della villa. C’erano sempre ospiti e amici che prendevano il tè nel prato, sotto i tigli, o si organizzavano cene fastose. Spesso capitava di lavorare per altre famiglie, quindi a Natale e a Capodanno dovevo servire a Uzzano; Si usava festeggiare nelle varie tenute delle famiglie più in vista. Vedevamo passare di qua personaggi celebri, ho visto Carlo d’Inghilterra e la regina Elisabetta con i suoi cappellini colorati.

«Ti manca questo periodo di sfarzo, ci ripensi con nostalgia?»
No, sto meglio adesso.

«Molti tuoi coetanei hanno smesso di lavorare. Tu hai mai pensato alla pensione?»
Tanti me l’hanno chiesto, ma credo che lavorare mi faccia bene. Se smettessi di stare all’aria aperta, di lavorare, e stessi tutto il giorno a casa comincerei a pensare. E credo che sia proprio pensando troppo che i mali vengano fuori. Ogni tanto penso che prima o poi dovrò smettere per lasciare il posto a qualche giovane.

«Dato che domani è festa, parlaci di come sei o eri solito festeggiare.»
Col passare degli anni non ho avuto più il tempo per festeggiare, ma quando ero giovane, le domeniche d’inverno, si festeggiava a Casolese. Le donne cuocevano le castagne, mentre uno del paese veniva a suonare la fisarmonica e i vecchi giocavano a tressette. Si ballava o si cantava tutta la sera. Altrimenti c’era un locale a Lamole, dove si ballava il liscio, ci andavamo a piedi. Ci si impiegava un’ora ma si andava in gruppo e il tempo volava.

Questa breve intervista finisce così, con un ricordo felice, di festa.
Grazie a Guido e un buon primo Maggio a tutti.