Per i nostri colleghi che lavorano in campagna si tratta di un appuntamento fisso che cade puntuale, tutti gli anni, subito dopo la vendemmia: la raccolta delle olive. Mentre i filari dei vigneti si tingono di rosso e l’aria diventa più fresca, le olive cambiano colore diventando lentamente più scure, pronte per essere frante e tramutarsi nel nostro delizioso olio extravergine di oliva.

A differenza dell’olio di oliva, l’olio extravergine deve avere una percentuale di acidità molto bassa, espressa in acido oleico, uguale o inferiore all’1%. Attenzione però: uno dei requisiti per ricevere l’attestazione DOP ed entrare così nell’olimpo degli olii extravergine più pregiati, è proprio l’alto contenuto di acido oleico.

ACIDITA’ VS ACIDO OLEICO
Com’è possibile? In effetti, sembra una contraddizione ma non lo è: l’acidità totale è espressa in acido oleico, ma include in verità diversi altri tipi di acidi. L’acido più pregiato all’interno dell’olio extravergine di oliva è proprio l’acido oleico perché è un grasso insaturo, che contrasta l’insorgere del colesterolo e protegge il sistema cardiocircolatorio. Quindi quel famoso 1% di acidità totale presente nell’olio extravergine dovrebbe essere costituito in massima parte da acido oleico.

IL PIZZICORIO
Il pizzicorio sulla lingua dell’olio più fresco è indice di ottima qualità e indicatore di una bassa presenza di acidità. Inoltre, per essere extra-vergine, un olio non deve aver subito processi chimici: deve semplicemente provenire dalle olive fresche appena raccolte, pulite con acqua e frante.